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Tutta la vita davanti (2008)

lunedì 17 novembre 2008

Italia - Drammatico - 117'
di Paolo Virzì

Marta, una ragazza siciliana appena laureata con lode in Filosofia cerca di inserirsi nel mondo del lavoro. Trova un impiego come telefonista dove verrà a contatto con la dura realtà del precariato.

Virzì aveva già affrontato alcuni dei temi di questo film in Ovosodo ('97) seppure in termini diversi e fatti i dovuti paragoni per due epoche differenti. In primis il passaggio dalla giovinezza all'età adulta, in entrambi i casi duro ed improvviso, e in secundis il ritratto di un'Italia concreta ed operaia (ma anche sognatrice) nel primo caso, triste precaria e vuota nell'altro. Il call-center di Marta è un microcosmo facilmente affiancabile all'Italia stessa in cui dietro balli, canti e grandi sorrisi si nascondono il marciume, l'ipocrisia e la tristezza di esistenze infelici. In dieci anni il nostro Paese è cambiato radicalmente, il sogno socialista di un posto fisso in fabbrica e una bella moglie ad aspettarti a casa ("forse la felicità" [cit.]) sembra appartenere a tempi lontani e dimenticati. Il personaggio di Giorgio, un sindacalista evitato, denigrato e fuori luogo, interpretato da un sempre ottimo Valerio Mastandrea, è un po' il feticcio di quel tempo ormai passato.

Tutta la vita davanti è un film di denuncia, che fotografa la giovinezza con tono rassegnato. Il messaggio è quello di non adeguarsi, di non farsi inglobare, rimanere sè stessi ma senza velleità di cambiare le cose.

sette

5 commenti:

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umberto 27/07/09, 17:43  

il film non l'ho ancora visto ma amo virzì


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Anonimo 04/09/09, 14:24  

se stessi, senza accento. Ignorante


# liuis 04/09/09, 14:40  

Si può scrivere in entrambi i modi. Ripassa.


# alicesu 24/10/09, 15:28  

Vedo che tra i commenti c'è chi ti odia... buon segno.
Detto questo, feci una recensione infastiditissima qualche secolo fa, quando vidi il film (sarà felice il commentatore anonimo, davanti a questo sfoggio di passati remoti). Mi fece (adesso la smetto) ribrezzo.
Il solo fatto che l'unica ragazza con la terza media non sapesse parlare l'italiano, fosse una ragazza madre e pure deficiente bastava per rendere l'intera visione disgustosa.
Il punto di vista dello studentello universitario, poi, aveva fatto il resto. E' un classico film italiano, da fiction, con scene improbabili e mal scritte (l'assassinio finale, ne vogliamo parlare?).
Bleah.
Dovrei scovare le impressioni a caldo dell'epoca, ma la mia voglia è poca. mi sono appena svegliata, abbi pazienza.


# liuis 24/10/09, 16:24  

Ho letto la tua recensione, e capisco il tuo punto di vista. Quello che posso dirti è che lo stesso argomento può (e spesso deve) essere trattato da diverse angolazioni. Il problema del precariato può essere l'operaio che perde il lavoro da un giorno all'altro, come la neo-laureata che è costretta a trovare un impiego per il quale basta la terza media. In fondo sono due facce della stessa Italia vuota e schizofrenica. E cmq questo è solo il punto di partenza per un'analisi a mio giudizio molto realistica di quello che è il mondo lavorativo italiano in generale, con un sindacato che conta zero, spesso ostacolato dagli stessi lavoratori intimoriti, l'alta borghesia deviata, il cinismo del profitto, e soprattutto il ruolo subdolo della televisione in tutto questo. Sarà che per Virzì ho un debole, sarà che il mondo dei call-center l'ho sperimentato di persona, il mio giudizio su questo film non può che essere positivo.




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