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L'onda (2008)

mercoledì 25 febbraio 2009

(Die Welle) - Germania - Drammatico - 107'
di Dennis Gansel

L'onda è il nome di un movimento di stampo fascista, formato da ragazzi di una scuola superiore tedesca impegnati nella simulazione di un sistema autarchico. In breve tempo però le dimensioni del fenomeno sfuggono al controllo dello stesso insegnante responsabile del progetto.

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La morale è lampante, lo scopo educativo anche. Può un fenomeno come il nazismo ripetersi nella Germania di oggi? La risposta, secondo Dennis Gansel, è sì, e ce lo dimostra. Il lento formarsi e trasformarsi dei protagonisti ci accompagna in una ricostruzione molto credibile di come il movimento si formi, si rafforzi, e leghi i suoi componenti attraverso il senso di appartenenza, un sentimento ed un bisogno primordiale per l'uomo, grande, vero animale sociale. E' un film istruttivo, L'onda, perché spiega molto bene, romanzando, le dinamiche e le motivazioni che stanno alla base di movimenti a forte costituzione gerarchica. Se dovesse venire il dubbio che tra il nazismo e una comitiva studentesca ci passa parecchio, bisogna ricordare che sia nazismo che fascismo nascono come movimenti e si inseriscono nei parlamenti e poi al governo proprio grazie alla loro salda fedeltà al gruppo, approfittando di un periodo di forte dispersione del potere. A sette anni da The Experiment, altro film tedesco di analisi psico-sociale, L'onda fa un evidente passo avanti in qualità. La sua forza sta nella cura a non uscire mai fuori dalle righe del credibile, soffermando la sua attenzione sui singoli, per giustificare le dinamiche del gruppo. Il prezzo di questa ricerca di realismo lo paga in termini di intrattenimento, rallentando troppo sui 3/4, ma concludendo magnificamente in un brusco ritorno alla realtà per tutti, studenti, professore e spettatori.

sette e mezzo


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Post d'attesa

sabato 21 febbraio 2009

Mi spiace essere poco presente sul blog ultimamente, ma è un periodo un po' particolare. Spero di ritornare a scrivere in queste pagine al più presto con Gran Torino, il nuovo film del maestro Clint, che ho visto in anteprima in inglese.
Portate pazienza.

Un saluto dal vostro proiezionista. Leggi tutto...

Frost/Nixon (2008)

lunedì 9 febbraio 2009

[Frost/Nixon - Il duello] - (Frost/Nixon) - USA/UK/Fra - Storico - 122'
di Ron Howard

Tre anni dopo lo scandalo Watergate che portò Richard Nixon alle dimissioni dalla Casa Bianca, un presentatore di talk show mette in gioco tutto il suo denaro e la sua carriera per realizzare un'intervista in cui spingere l'ex Presidente a confessare le sue colpe.

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E' evidente in Frost/Nixon l'impostazione tipica dei film giuridici, vedi Codice d'onore ('92) o Alcatraz ('94) (in quest'ultimo protagonista lo stesso Kevin Bacon che in Frost/Nixon è l'uomo di fiducia dell'ex Presidente). Il plot è quello classico della preparazione al confronto seguita dall'apparente imminente sconfitta che si conclude invece col colpo di reni finale dell'inquisitore che stringe il cerchio intorno all'accusato, inchiodandolo. La confessione di Nixon in questo è molto, troppo simile a quella di Jack Nicholson in Codice d'onore. In Frost/Nixon questo schema è ridotto ancora di più all'osso: le vicende private dei protagonisti hanno uno spazio marginale, e più che sulla preparazione allo scontro (richiama molto ad atmosfere da incontro di pugilato) il film si concentra sull'approfondimento di entrambi i personaggi principali affidato a pochi ma esaustivi passaggi, e sulle implicazioni che la suddetta intervista ha e potrebbe avere per loro. E' interessante notare come le due ore scorrano fluide senza che in realtà accada nulla. In questo i plausi a sceneggiatura e regia sono meritati.

Ma, io credo, gran parte dell'interesse dovrebbe essere suscitato dal ricordo: la confessione del Presidente più odiato nella storia degli Stati Uniti, il Vietnam, Kennedy, il Watergate e in generale l'aria da documentario che trasuda da questo film. Viene quindi da domandarsi: che effetto ha tutto questo sullo spettatore italiano? Probabilmente nessuno, se non quello della curiosità per l'evento in sè, ma al quale nessuna sensazione può essere legata. E' un po' come se un americano guardasse Il Divo di Sorrentino. Avrebbe sicuramente difficoltà ad andare oltre a ciò che il film mostra, per il semplice fatto che non ha idea di chi sia Andreotti, la DC, non conosce i rapporti tra mafia e governo nè l'Italia di trent'anni fa, perdendo così tutto il potere evocativo che il film possiede. Ed è quello che ho idea succeda a noi guardando Frost/Nixon: una visione non comprensibile fino in fondo.

C'è però un aspetto che per noi è sicuramente più importante che per gli americani: il giornalismo e il suo ruolo di controllo sul potere, scontato negli Stati Uniti, molto meno qui in Italia dove notoriamente accade l'opposto. In questo Frost/Nixon è una grande, forse involontaria lezione di vero giornalismo.

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Otis (2008)

giovedì 5 febbraio 2009

USA - Commedia - 100'
di Tony Krantz

Otis è un serial Killer che rapisce giovani donne, rigorosamente bionde, costringendole a simulare con lui la notte del ballo della scuola.

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A volte mi viene il dubbio che la commedia non mi piaccia. Per dire, adoro Chaplin, i Blues Brothers, Alberto Sordi, Ace Ventura e il dr. House, ma spesso capita che ciò che fa ridere gli altri a me non faccia alcun effetto. E allora quando vedo gente - gente che rispetto - sbellicarsi con Zohan esaltandone la volgare comicità mi chiedo dove stia la comicità e cosa ci sia di volgare in uno che si tromba le vecchiette. E Tropic Thunder, dio santo, una noia letale. E Zoolander. E Borat, che abbia riso una volta una. Avrebbe dovuto farmi ridere Borat, no? E Mel Brooks (perdonami Hellen)? Non fa ridere lui? Ma anche altre commedie meno estreme, la lista sarebbe lunga; per rimanere a quelle che ho citato su questo blog: Be Kind Rewind e Fratello dove sei?, come pure The Big Lebowski, a parte la scena delle ceneri al vento (quella sì, è comica). E così questo dubbio ogni tanto mi attanaglia, mi domando se non sarò per caso un ventiseienne con le palle gonfie e il muso lungo che non riesce più ad apprezzare le leggerezze, e questo mi frena spesso dal recensire le commedie. Poi però succede un fatto curioso, inaspettato, mi capita tra le mani Otis, leggo la trama, decido di vederlo, e mentre sono lì che rido di gusto alle battute di gente che parla inglese capisco che non sono io ad essere sbagliato ma è Zohan ad essere, passatemi il francesismo, una cazzatona col botto.

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Secondo lavoro di un produttore che si diletta a fare il regista, a quanto pare con ottimi risultati, Otis in patria è uscito direttamente in DVD senza passare dalle sale, mentre qui in Italia, manco a dirlo, non è arrivato. Se volete vederlo dovrete quindi "attrezzarvi" in qualche modo, con il risvolto positivo però di non avere l'ottima interpretazione degli attori, tutti, rovinata dal doppiaggio italiano. Una commedia nera come se ne trovano poche, che fa il verso ai torture horror, riuscendo a tratti meglio dei mainstream in un alternarsi di dramma ed esilarante commedia scandito alla perfezione. Le musiche molto belle e adatte, forse a volte troppo presenti, ma che definiscono ottimamente le situazioni. Brillante, intelligente, spassoso. Assolutamente da recuperare.

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Il dubbio (2008)

lunedì 2 febbraio 2009

(Doubt) - USA - Drammatico - 104'
di John Patrick Shanley

Anno 1964, in una scuola cattolica americana un prete è sospettato di riporre attenzioni particolari nei confronti di un giovane studente di colore.

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Il Cinematografo, la trasmissione della domenica notte di Rai Uno, è condotta da un presentatore che di cinema non gliene può fregare di meno, e non cerca nemmeno di nasconderlo, ma si affida alle voci di un poker di critici, sempre gli stessi, che si pronunciano sui film della settimana. C'è la mummia di Gian Luigi Rondi affiancata dalla salma femminista americana repubblicana moglie di Giuliano Ferrara, e un odiosissimo tizio coi baffi vestito sempre come se fosse caduto sul guardaroba, che mi sta sulle palle a tal punto che se capita che gli sia piaciuto un film che è piaciuto anche a me, cambio opinione sul film.
E poi ci sono Valerio Caprara e Gregorio Napoli, le due persone per le quali vale la pena di vedere questo programma.

Ed è dalla bocca di Gregorio Napoli nella puntata di ieri notte che è uscita la definizione perfetta per Il dubbio: accademia di recitazione.
Ci si lascia trasportare dalla incredibile performance dei tre attori in una solida sceneggiatura che la sostiene ampiamente per tutta la durata, offrendo anche qualche interessante spunto di analisi dei personaggi e riflessione sull'accaduto. Ma come altri film tratti da testi teatrali - vedi ad esempio Americani ('92) - Il dubbio altro non è che recitazione allo stato puro. E questo per me è già abbastanza.

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